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L'Educazione Finanziaria nelle Scuole e nelle Università

finanza personale
 

Quando l’Università di Stanford ha inaugurato il suo corso di educazione finanziaria, il successo è stato immediato. Questo risultato era prevedibile, dato che oggi siamo chiamati a fare scelte cruciali nella nostra vita che richiedono una conoscenza approfondita dei temi finanziari. È per questo motivo che l’educazione finanziaria dovrebbe essere una materia insegnata nelle scuole, anche in Italia.

Fin dal primo anno, quando il corso è stato offerto, ben 362 studenti si sono iscritti. Tra questi c’erano non solo studenti, ma anche professori, amministratori dell’università e ricercatori in visita. Negli anni successivi, la domanda è cresciuta al punto da richiedere che il corso venisse riproposto più volte durante l’anno. Questo ha portato anche alla creazione di un programma analogo per gli ex studenti, inclusi quelli laureati da tempo. Inoltre, un corso specifico è stato avviato per gli studenti del master e per quelli delle varie scuole di specializzazione. Ma quale corso universitario ha riscosso tanto successo? Si tratta del programma di “finanza personale” offerto dall’Università di Stanford in California a tutti i suoi studenti.

Non è un caso che l’università nel cuore della Silicon Valley sia all’avanguardia in questi temi, consapevole che le scelte finanziarie moderne sono complesse e richiedono un approccio scientifico, preferibilmente supportato dalla tecnologia. Questa consapevolezza è condivisa dagli studenti che, dopo la pandemia, stanno per entrare in un mercato del lavoro in continua evoluzione. Sanno che presto dovranno affrontare decisioni cruciali su come gestire i propri soldi, inclusi gli investimenti per la pensione offerta dal datore di lavoro. In America, non solo le università, ma anche le scuole superiori hanno abbracciato il tema dell’educazione finanziaria.

 

Perché l’educazione finanziaria va insegnata nelle scuole

Questa non è solo una peculiarità degli Stati Uniti, ma una tendenza che si estende a molti paesi nel mondo, inclusa l’Italia, che si prepara a introdurre l’educazione finanziaria a scuola. “Finalmente!”, si potrebbe dire. E aggiungiamo: “Benvenuta educazione finanziaria!”. I cambiamenti demografici, la complessità degli strumenti finanziari, l’aumento dell’inflazione e dei rischi ci costringono a fare scelte finanziarie diverse rispetto al passato, che richiedono una conoscenza dei concetti di base della finanza. Queste sono scelte importanti. Ad esempio, essere in grado di rispondere alle crisi, piccole o grandi che siano, influenza il nostro benessere e la nostra capacità di raggiungere i nostri obiettivi.

Sono molte le ragioni per cui l’educazione alla finanza personale deve entrare nelle scuole, a tutti i livelli, dalle elementari all’università e oltre. La prima ragione è che oggi è necessaria una conoscenza rigorosa; la “regola del pollice” o la saggezza popolare non sono più sufficienti per affrontare le decisioni finanziarie relative, ad esempio, alla pensione o agli investimenti da sottoscrivere, o per assicurarci contro i rischi.

La seconda ragione è che solo attraverso la scuola possiamo fornire le informazioni necessarie a tutti, dal Nord al Sud, dai piccoli paesi alle città, indipendentemente dal livello di educazione o reddito delle famiglie di provenienza. Le decisioni finanziarie riguardano tutti.

 

Le tre domande chiave

La terza ragione per insegnare questa materia nelle scuole è che la conoscenza finanziaria in Italia è oggi molto bassa, anzi, possiamo dire troppo bassa rispetto alla complessità delle decisioni finanziarie.

Questo è evidente dal confronto delle conoscenze finanziarie di base tra vari paesi, pubblicato a luglio 2023 sul Journal of Financial Literacy and Wellbeing. Le domande utilizzate sono le famose “big three”, elencate qui di seguito:

  1. Supponi di avere 100 euro depositati su un conto corrente che ti frutta un tasso di interesse annuo del 2% senza spese di gestione. Quanto pensi che ti ritroverai sul conto dopo cinque anni senza aver mai prelevato?

  2. Supponi di lasciare 100 euro su un conto corrente che ti frutta un tasso di interesse dell’1% annuo senza spese di gestione. Immagina inoltre, che l’inflazione sia pari al 2%. Dopo un anno, con quella cifra quanto potrai comprare?

  3. La seguente affermazione: “In generale, investire in azioni di una sola società è un investimento meno rischioso rispetto a investire in un fondo comune di investimento”, secondo te è vera o falsa?

 

(Le risposte corrette sono, rispettivamente: 1, 3, 2).

Le “big three” misurano la capacità di fare semplici calcoli relativi al tasso di interesse, la conoscenza dell’inflazione e della diversificazione del rischio, ovvero le conoscenze di base. Tuttavia, lo studio mostra che dagli Stati Uniti al Giappone, dall’America Latina all’Europa dell’Est, dalla Finlandia all’Italia, queste nozioni di base sono per lo più sconosciute a gran parte della popolazione. In Italia, ad esempio, solo il 44% della popolazione conosce questi concetti, e le percentuali sono simili in altri paesi europei e negli Stati Uniti.

 

I gruppi più vulnerabili

Non solo la conoscenza è molto bassa in generale, ma è particolarmente carente tra gruppi potenzialmente vulnerabili, quali i giovani, le donne e chi ha un basso livello di educazione o reddito. Ad esempio, in Italia solo il 31% dei giovani (età sotto i 35 anni) conosce questi tre concetti. Inoltre, esistono grandi differenze regionali, con conoscenze molto basse nel Sud e nelle Isole (38%) rispetto al Nord-Est (51%).

Non siamo di fronte a risultati nuovi. Nel 2014, ad esempio, insieme a un gruppo di ricercatori della Banca Mondiale, abbiamo evidenziato come le conoscenze finanziarie nel mondo – in più di 140 paesi – fossero molto basse, inclusi i paesi del G7 o del G20. La novità di oggi è che le conoscenze finanziarie sono migliorate davvero di poco nel corso degli anni. Ecco perché è essenziale che l’educazione finanziaria entri a scuola a tutti i livelli e che dalla scuola si diffonda nella società.

 

L’esperienza internazionale

Paesi come l’Inghilterra, la Nuova Zelanda o l’Australia hanno introdotto da tempo l’educazione finanziaria nelle scuole. Altri, come il Portogallo, l’hanno resa obbligatoria dal 2018. Negli Stati Uniti, sono i singoli stati a decidere sull’educazione nelle scuole, e ben 35 amministrazioni statali hanno optato per l’obbligatorietà di questa materia.

Ma come inserire l’educazione finanziaria nei curriculum scolastici? Una possibilità è di aggiungerla a materie già obbligatorie, come l’educazione civica. Ovviamente, è fondamentale avere docenti competenti nella materia (e poiché si tratta di un nuovo insegnamento, sono necessari corsi di formazione) e materiale adeguato. Se inizialmente l’educazione finanziaria è stata accolta con scetticismo, gli studi sulla valutazione della sua efficacia hanno dimostrato come sia in grado di influenzare non solo la conoscenza dei giovani, ma anche il loro benessere finanziario.

 

Un obiettivo condiviso

L’obiettivo dell’Università di Stanford è rendere la finanza personale una materia “normale”, come la storia, la matematica o le scienze. Forse, è un obiettivo che possiamo condividere tutti, per restare al passo con i tempi.

Un'obiettivo che, in collaborazione con l'Università IULM di Milano, porterò avanti grazie al nuovo Master in Gestione dei Patrimoni, in partenza il prossimo 15 Ottobre 2024 (maggiori informazioni qui).

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