Mario Draghi, ex presidente del Consiglio e della BCE, ha presentato la scorsa estate una visione ambiziosa per l'Europa, concepita per evitare una “lenta agonia” e rafforzare la competitività. Il rapporto di oltre quattrocento pagine, commissionato dalla Commissione Europea, propone un percorso che combina progresso tecnologico e un rinnovato impulso demografico, essenziale per l'economia del continente. Tuttavia, senza leader capaci di trasformare queste idee in politiche concrete, il “programma Draghi” rischia di rimanere inattuato.
Un Settore Tecnologico Competitivo e la Necessità di Popolazione Attiva
L'Unione Europea, per prosperare, ha bisogno di un settore tecnologico all’avanguardia, comparabile a quello degli Stati Uniti, e di un incremento della popolazione, sia attraverso una maggiore natalità sia attraverso l'immigrazione. L'assenza di una propria Silicon Valley e la mancanza di immigrati qualificati contribuiscono al declino relativo dell’Europa. Dal 2002 al 2023, il gap in termini di PIL con gli Stati Uniti è raddoppiato dal 15% al 30%. Anche il reddito disponibile reale negli USA è cresciuto molto più rapidamente rispetto all’UE, con un ritmo che evidenzia la necessità di misure urgenti.
Secondo Draghi, le cause non risiedono nelle caratteristiche tipiche del modello sociale europeo, come le tutele per i lavoratori o la burocrazia. Anzi, la produttività europea è cresciuta quanto quella americana tra il 2000 e il 2019, eccetto nel settore ICT. Gli Stati Uniti hanno creato giganti come Facebook e Google, mentre in Europa solo quattro delle cinquanta maggiori aziende tecnologiche sono europee, un dato preoccupante che illustra la “trappola della tecnologia intermedia,” descritta anche dall’Institute for European Policymaking. In Europa, la ricerca privata si concentra su industrie mature, come l'automobile, piuttosto che sull'innovazione radicale.
Un altro aspetto è che molte aziende innovative nate in Europa tendono a trasferirsi negli Stati Uniti: dal 2008 al 2021, ben 40 su 147 “unicorni” hanno lasciato il continente. La mancanza di un mercato dei capitali efficace ostacola la crescita delle startup tecnologiche, poiché le banche europee tendono a preferire investimenti in settori sicuri, come macchinari e immobili, anziché rischiare su progetti innovativi e digitali.
Cosa Fare?
Il rapporto Draghi propone diverse strategie, tra cui un maggiore reclutamento di talenti qualificati e la creazione di università d’eccellenza, una maggiore integrazione dei mercati dei capitali e un supporto all’innovazione simile all’agenzia statunitense DARPA. Senza un’industria tecnologica di livello globale, l’Europa rischia di non compensare il calo della forza lavoro, aggravato dalle proiezioni demografiche che prevedono una perdita di 2 milioni di lavoratori all’anno dal 2040. Una forza lavoro ridotta significa una contrazione economica complessiva, meno entrate fiscali e minore sostenibilità per il welfare.
Draghi avverte che l’Europa ha bisogno di maggiore produttività per non perdere terreno e invita i leader a considerare soluzioni più radicali per stimolare la crescita economica. Evitando di affrontare direttamente temi politicamente divisivi, Draghi suggerisce che per compensare i due milioni di lavoratori persi annualmente, l’Europa dovrebbe aprirsi all’immigrazione qualificata, una soluzione ribadita anche dal governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta. Tuttavia, questo tema suscita prevedibili resistenze in molte nazioni.
Una Transizione Senza Precedenti
Draghi stima che l’Europa abbia bisogno di 800 miliardi di euro annui per una vera transizione digitale, ecologica e geopolitica. Solo così si potrà garantire una certa autonomia nelle forniture strategiche, come l’energia. È uno sforzo economico enorme che richiede un aumento degli investimenti di 5 punti percentuali del PIL europeo all’anno, richiamando l’eco di un nuovo Piano Marshall. Tuttavia, Draghi evita di suggerire l’emissione di nuovo debito comune, consapevole delle resistenze di paesi chiave come Germania e Olanda. La nuova emissione di debito utilizzata per il piano Next Generation EU, a cui l’Italia è tra i principali beneficiari, è un tema ancora divisivo e delicato.
Le risorse possono provenire da varie fonti: un aumento dei contributi degli stati membri, l’uso di istituzioni come il Meccanismo europeo di stabilità, investimenti governativi nazionali o il coinvolgimento del settore privato, qualora le condizioni di investimento diventino più allettanti. Tuttavia, senza risorse sufficienti, il declino è inevitabile, avverte Draghi.
Unione di Obiettivi e Flessibilità delle Politiche
Draghi propone un modello di governance con obiettivi chiari ma politiche flessibili, adattabili alle diverse situazioni. Un approccio già parzialmente adottato dalla Commissione di Ursula von der Leyen durante le recenti crisi, ma che mette in discussione i pilastri storici dell’UE. Draghi afferma che la politica commerciale dell'UE dovrebbe essere allineata con la sua strategia industriale, il che significa applicare regolamenti commerciali e di concorrenza solo quando conveniente. L’Europa dovrà anche proteggere settori strategici emergenti, come un tempo facevano le economie in via di sviluppo, per salvaguardare la propria posizione globale.
In un mondo dove Stati Uniti e Cina adottano politiche industriali aggressive, l’UE deve difendere le proprie industrie critiche e collaborare con paesi partner per garantire l’accesso a risorse essenziali. La globalizzazione sta cambiando forma, e l'Europa dovrà adattarsi, spostando l’accento da un mercato regolamentato e aperto a una difesa delle proprie industrie chiave, come già fanno altri attori globali.
Il Futuro del Rapporto Draghi
Il rapporto di Draghi, pur non essendo un programma politico, è uno specchio che invita le istituzioni europee e gli Stati membri a riflettere su problemi chiave. Presentato dopo le elezioni europee e i negoziati sulle nomine, il rapporto arriva in un momento in cui il dibattito sull’Europa è fortemente acceso. Sebbene alcune proposte potrebbero essere implementate, mancano la guida e la coesione per trasformarle in una realtà concreta.
Il tradizionale asse franco-tedesco, motore dell’integrazione europea, è indebolito, con la Francia in difficoltà e la coalizione di governo tedesca sotto pressione. Anche paesi come Italia, Spagna e Polonia non sembrano pronti a prendere l'iniziativa. Perciò, nonostante il rapporto possa influenzare il dibattito pubblico e politico, molti degli spunti di Draghi rischiano di rimanere inascoltati, come un elenco di opportunità mancate. Tuttavia, il rapporto rimane una fonte preziosa di riflessione per il futuro dell’Europa.
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