Area Clienti
BackOffice

La Spagna cresce, ma non può ancora cantare vittoria

economia news

Nel panorama europeo segnato dalla stagnazione, la Spagna spicca come un’eccezione positiva. L’economia iberica ha messo a segno, negli ultimi tre anni, tassi di crescita del PIL vicini al 3%, un risultato che contrasta nettamente con le performance fiacche registrate nelle principali economie dell’area euro. La ripartenza del turismo, il dinamismo delle esportazioni e i costi energetici contenuti hanno alimentato un’espansione che – a differenza del passato – poggia su basi più solide. Tuttavia, i segnali positivi non bastano a dissipare le ombre: disoccupazione giovanile persistente, debito pubblico elevato e un sistema pensionistico sotto pressione pongono sfide strutturali che Madrid non può più permettersi di rimandare.

 

Un’economia in controtendenza

Nel 2023 la Spagna ha registrato un incremento del PIL del 2,7%, seguito da un brillante +3,2% nel 2024. Le proiezioni per il 2025 restano ottimistiche, con una crescita attesa intorno al 3%. Numeri che appaiono ancora più straordinari se confrontati con il resto dell’Eurozona, dove l’espansione economica ha superato a fatica l’1%, mentre Francia, Italia e Germania viaggiano ben al di sotto di questa soglia.

 

Perché oggi è diverso

Non è la prima volta che l’economia spagnola corre. Ricordiamo tutti l’euforia dei primi anni 2000, trainata da un’espansione edilizia culminata nella crisi del debito e del settore immobiliare tra il 2008 e il 2014. Ma l’attuale fase di crescita presenta caratteristiche radicalmente diverse. Innanzitutto, avviene in un contesto internazionale segnato da tensioni geopolitiche, inflazione persistente e un clima generale di incertezza che ha frenato investimenti e consumi in molti paesi avanzati. La Spagna, al contrario, mostra resilienza.

Ancora più rilevante è il fatto che questa crescita non sia drogata da squilibri evidenti nei conti pubblici o da un eccessivo indebitamento estero. I fondamentali macroeconomici sono migliorati e il contesto interno appare più equilibrato rispetto al passato.

Un elemento che merita particolare attenzione è la ripresa della produttività del lavoro, ferma da oltre vent’anni. Oggi la produttività oraria cresce di circa l’1% annuo, in netta controtendenza rispetto a Francia (stagnante) e Germania e Italia (in calo). Ancora più rilevante è che l’aumento della produttività avvenga in parallelo a una crescita dell’occupazione: una combinazione raramente osservata nella storia recente della Spagna. Nel 2024, il PIL pro capite è cresciuto del 2,2%, contro lo 0,8% di Francia e Italia, e il -0,5% tedesco.

 

I motori della ripresa

La spinta iniziale è arrivata dalla ripartenza post-Covid, in particolare dal ritorno dei flussi turistici ai livelli pre-pandemici. Ma la vera svolta è arrivata dalle esportazioni, cresciute in modo deciso grazie alla maggiore presenza delle aziende spagnole sui mercati internazionali. Settori strategici come l’automotive, l’agroalimentare e il farmaceutico hanno conquistato nuove quote di mercato, confermando una capacità competitiva rinnovata.

Un altro elemento cruciale è stato il contenimento dei costi energetici. L’espansione delle energie rinnovabili e l’introduzione del cosiddetto meccanismo dell’“eccezione iberica” – che ha posto un tetto al prezzo del gas per la produzione elettrica – hanno contribuito a mantenere basse le bollette energetiche per famiglie e imprese. Questo meccanismo, autorizzato dalla Commissione europea, ha consentito una maggiore competitività per il settore manifatturiero spagnolo, che ha così potuto difendersi meglio dallo shock energetico degli ultimi anni.

Dal lato della domanda interna, il rimbalzo dei consumi privati nel 2024, unito alla tenuta della spesa pubblica, ha compensato il rallentamento delle esportazioni, sostenendo la crescita complessiva.

 

Riforme e politiche del lavoro: un cambio di paradigma

Un ruolo determinante lo ha avuto anche il mercato del lavoro. Durante la pandemia, le misure di emergenza come l’estensione degli ammortizzatori sociali hanno evitato un collasso occupazionale. Successivamente, la riforma del 2021 ha ridotto l’abuso dei contratti a tempo determinato, rendendo le posizioni lavorative più stabili. Questo ha favorito una maggiore partecipazione al mercato del lavoro e un incremento della produttività.

A ciò si è aggiunto un incremento sostanziale del salario minimo (+61% dal 2018) e una proposta – oggi in fase di discussione – per la riduzione della settimana lavorativa a 37,5 ore. Il risultato è un tasso di crescita dell’occupazione che rimane solido (+2% annuo), accompagnato da una crescente difficoltà per le imprese nel reperire manodopera qualificata.

Inoltre, dal 2022 la Spagna ha accolto oltre 600.000 migranti l’anno, riportando i flussi migratori a livelli simili a quelli del boom economico dei primi anni Duemila. Oggi più del 22% della popolazione in età lavorativa è nata all’estero. Questi flussi hanno avuto un impatto positivo non solo sull’offerta di lavoro, ma anche sulla domanda interna e sui consumi. Tuttavia, le proiezioni a lungo termine indicano che anche mantenendo elevati flussi migratori, il rapporto tra occupati e popolazione generale potrebbe comunque calare di circa 5 punti percentuali entro il 2050. Senza un deciso aumento della produttività, ciò implicherebbe un rallentamento strutturale del PIL pro capite.

 

Le ombre che incombono

Nonostante gli evidenti progressi, la Spagna non è esente da criticità. Il tasso di disoccupazione generale resta elevato (oltre l’11%), e quello giovanile supera il 25%. Un terzo dei disoccupati è in questa condizione da oltre un anno, segno di una disoccupazione strutturale difficile da sradicare.

Il debito pubblico, inoltre, rimane su livelli elevati (intorno al 100% del PIL) e la spesa pensionistica è destinata a crescere, anche a causa dell’invecchiamento demografico. Le riforme previdenziali finora adottate hanno ampliato i diritti, ma non hanno contribuito a migliorare la sostenibilità di lungo periodo. La pressione sul bilancio statale si aggraverà nei prossimi decenni, limitando ulteriormente la possibilità di intervento pubblico.

 

Produttività, innovazione e riforme: il vero banco di prova

Pur avendo mostrato segnali di miglioramento, la produttività spagnola non ha ancora registrato un salto strutturale. I pilastri di una crescita duratura – un sistema educativo moderno, investimenti in innovazione, una pubblica amministrazione più efficiente e una regolamentazione favorevole all’impresa – restano deboli. Senza un intervento deciso su questi fronti, il potenziale di crescita della Spagna rischia di rimanere incompiuto.

Anche sul fronte fiscale, i margini di manovra sono ristretti. Tra pressioni per aumentare la spesa in difesa, sostenere la transizione verde e investire in tecnologia, il governo si trova davanti a un complesso esercizio di equilibrio. Una riforma fiscale strutturale appare inevitabile, ma l’instabilità politica e la polarizzazione del dibattito rischiano di ostacolarne l’attuazione.

 

Una corsa che ha bisogno di fondamenta solide

Il dinamismo dell’economia spagnola è indiscutibile, ma non sufficiente per dichiarare compiuta la svolta. Per consolidare i progressi compiuti e renderli sostenibili, è necessaria una strategia di lungo periodo. Servono riforme strutturali coraggiose, capaci di ridurre le rigidità del mercato del lavoro, stimolare l’innovazione e mettere in sicurezza i conti pubblici.

Un’opportunità potrebbe venire dalla rinnovata attenzione europea sul tema della produttività. Dopo la pubblicazione del rapporto Draghi sulla competitività dell’UE, diciannove Stati membri hanno creato Consigli nazionali per la produttività. L’ironia è che proprio Spagna e Italia – tra i paesi più fragili su questo fronte – abbiano attivato i propri organi solo alla fine del 2024.

Questi Consigli dovrebbero offrire raccomandazioni indipendenti per politiche a favore della crescita, analizzando in modo tecnico e apolitico le principali aree di inefficienza. È un primo passo, ma non basta: ora serve il coraggio politico per trasformare le analisi in azione concreta.

In conclusione, la Spagna ha dimostrato di poter correre, anche quando gli altri arrancano. Ma la vera sfida sarà riuscire a trasformare questo slancio in una traiettoria stabile e duratura. Per farlo, deve affrontare senza indugi i suoi nodi strutturali. In caso contrario, l’attuale ciclo di espansione rischia di trasformarsi in una nuova occasione mancata. Come ricordava Shakespeare, la ruota della fortuna gira per tutti — il punto è farsi trovare pronti quando inizia a rallentare.

Diventa un PRO del denaro e scopri come creare, gestire, proteggere e aumentare la tua ricchezza!

SCOPRI TRADETECTOR PRO